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PHOENICIS TEMPUS CAELESTIS. IL MITO DELLA FENICE
Autore Sorci Vittorio
Editore Settimo Sigillo
Argomento Roma
Anno ediz. 2025
Pagine 336
Collana
Isbn 9788861482678
Prezzo : € 36,00
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Spedito in 5 gg. lavorativi


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BROSSURA 17X24
Il mito della Fenice nell'Eternità di Roma.
In appendice
- La Fenice nel culto di Helios (Francesco Sbordone)
- 32 pagine di tavole a colori

Il volo della Fenice dal paese del loto e del papiro bagnato dal Nilo a Roma. Qui il mito, inteso non come
un’escogitazione arbitraria o fantastica ma come un mezzo per percepire l’ordine super-storico che plasma la
realtà sensibile, raggiunge la sua maggiore popolarità, arricchendosi del tema della rinascita dal fuoco sconosciuto in ambito faraonico. Sulle rive del Tevere, in una città che si va progressivamente adornando di piramidi e obelischi, il sovrannaturale pennuto, già dall’epoca repubblicana, è argomento di interesse in letteratura, per rivestire, poi, nel Principato, il ruolo di protagonista, sia in ambito scientifico-storico che poetico.
La livrea dell’uccello androgino, in cui lo scarlatto dei petali del papavero agreste e il porpora si coniugano
alle screziature d’oro e cerulee sulle ali, assume le tonalità cromatiche che contraddistinguono l’aurea
Roma Aeterna, ammantata del rosso trionfale di Marte, Padre dei Romulidi, e della celeste aura di Venere,
Madre degli Eneadi.
Tra affreschi del terzo e quarto stile, mosaici inneggianti alla floridezza, riflesso materiale dello splendore delle
origini, monete evocative, talismani protettivi, riti misterici e carmi incantatori, l’alato sacro al Sole, unico esemplare della sua specie, segno di continuità e rinnovamento, diventa nell’Urbe simbolo dell’Imperium.
Lo stesso luogo, in cui nidifica l’immortale animale, adombra il tema di un «centro supremo» del mondo,
una contrada accessibile ai tempi dell’età dell’oro ma poi occultatasi con la successione delle ere secondo la
concezione esiodea. Questa terra, sacra e primordiale, si rivela essere la dimora urania dei Patres romani, oltre l’immensa porta del cielo varcata da Scipione l’Africano e Vettio Agorio Pretestato. È la Roma Celeste che risplende, come l’incantevole volatile, di «luce purpurea», visione di plenitudine, di pace, di libertà e di amore che Enea ammira nel poema virgiliano.
Con Adriano la corruscante creatura di un firmamento aurorale è associata ad Aion, onnipotente Signore dell’universo, Nume principale dei teurghi, per celebrare il Natale dell’Urbe e rievocare l’atto fatidico con cui Romolo ha inaugurato una nuova epoca, segnando l’inizio del tempo stesso.
La Fenice, longeva come le stelle, dal capo circonfuso del nimbo radiato di Febo che, risorgendo, è più perfetta
di prima, finirà per esprimere il trionfo del fulgore, della vita, dell’arte sul divenire, manifestando la grandezza
di Roma Eterna, radice soprasensibile di energie divine perpetuamente rigenerantesi al di là di ogni possibile decadenza della Roma visibile.

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